sabato 29 settembre 2012

L'ex ministro Prestigiacomo dice addio al PDL : "sono disgustata"


"Disgustata", "sconcertata" perché del "sogno berlusconiano non c'è più traccia", Stefania Prestigiacomo dice addio al Pdl. L'ex ministro dell'Ambiente, da sempre molto legata a Gianfranco Fini, tradisce il Cavaliere e si fa "ospitare" da Fli.
La Prestigiacomo ha assicurato che con "Berlusconi i rapporti sono sempre ottimi", il problema è il resto del partito. "I rapporti sono azzerati", dice, "siamo circondati da piccoli gruppi di potere che passano le giornate a litigare". Per questo lei è "disgustata": il Pdl "ormai è inesistente". Meglio quindi dirigersi verso altri lidi. Verso l'amico Fini e Casini. Magari in compagnia dell'ex collega Mara Carfagna.
come già sta facendo per la campagna elettorale nella sua Sicilia.
Ministro delle Pari opportunità nel Berlusconi ter e dell'Ambiente durante l'ultimo governo Berlusconi, la Prestigiacomo aveva già minacciato di lasciare il Pdl nel dicembre del 2010. Anche allora, sostenuta da Udc e Fli, votò, in disaccordo con la maggioranza a favore della proposta del Pd di rinviare l’articolo 5 della proposta di legge sull’imprenditorialità e il sostegno al reddito in Commissione Lavoro alla Camera. Grazie alla mediazione di Gianni Letta, la crisi rientrò.  Mariastella Gelmini è convinta che anche questa volta la Prestigiacomo ci ripenserà: "Sono convinta che Stefania tornerà sui suoi passi. C'è qualche problema da risolvere ma siamo tutti al lavoro e confidiamo che il Pdl possa andare avanti".

E i festini degli onorevoli?? Anche quelli rimborsati...

Il consigliere regionale del Piemonte Maurizio Lupi, omonimo del ben più noto esponente del Pdl,  è uno dei consiglieri più rimborsati della Regione Piemonte. Nel 2011 oltre allo stipendio rimpolpato di varie indennità, ha incassato più di 31mila euro di autocertificate presenze sul territorio e rimborsi sui chilometri percorsi "per attività politiche". In particolare, nel solo mese di agosto 2011 Lupi ha ricevuto 1415 euro per 2848 chilometri percorsi e 2075 euro per presenze in eventi e occiasioni di carattere politico.
Sedici volte di più in totale del governatore Cota. 
Ma Lupi è ormai famoso per i festini organizzati con Lele Mora, la sosia di Marilyn Monroe, Suzie Kennedy, l'ex velina bionda di Striscia la Notizia Veridiana Mallman e Ambra Battilana, la "pentita" del Bunga bunga. Sul profilo facebook del consigliere, ci sono non a caso quasi esclusivamente le foto dei suoi festini, tutti politicamente rimborsati.

il testo integrale della lettera del faccendiere Lavitola a Berlusconi: milioni di euro, un seggio da deputato e posti di lavoro vari

Ecco il testo integrale della lettera di Walter Lavitola a Silvio Berlusconi, nella quale chiede il conto per la compravendita di senatori, per lo scoop sulla casa di Montecarlo di Gianfranco Fini e per la sua regia occulta nella caduta del governo Prodi.
Walter chiede posti di  "lavoro"  per la moglie, la sorella, il suo ex autista, due ragionieri e un giornalista, con tanto di indicazione di qualifica e stipendio. Quindi una serie di pagamenti in contanti: mezzo milione di dollari per un affare, 5 milioni per un pagamento che deve ad un avvocato, 900mila euro per un'altra pratica.
Per lui, dopo le innumerevoli promesse che l'allora premier gli aveva fatto, si sarebbe anche accontentato di un posto di governo o al parlamento, ammette candidamente il faccendiere. Ma il povero Silvio aveva già riempito tutte le liste di nani, truffatori, mafiosi e ballerine. E il povero Walter è rimasto fuori.



Supereroi della Casta: dopo Batman-Fiorito, ecco Superman-Boniperti, 42.000 chilometri l'anno rimborsati.


Roberto Boniperti consigliere regionale di Pdl-Progett’Azione è il supereroe capace di percorrere oltre 40 mila chilometri all’anno, che moltiplicati per 0,48 (rimborso da tabelle Aci) e sommati ai gettoni di presenza portano all’interessante somma di 37 mila euro. Il nostro eroe non si ferma mai, neppure ad agosto: 4.603 chilometri e 22 gettoni (autocertificati, con i politici bisogna fidarsi), anche se poi ad agosto Palazzo Lascaris è chiuso. Non importa: il gettone si prende lo stesso, basta dichiarare di avere svolto attività istituzionale da qualche parte. E i consiglieri regionali, da Superman in giù, nel 2011 lo hanno proprio fatto: 26 mila euro in gettoni di presenza e 11 mila in rimborsi stradali agostani. Note spese che neanche un cosmonauta.
Si chiama “indennità di missione a costo chilometrico”, ed è l’ultimo grido in fatto di investimento di pubblico denaro e tasse del contribuente. Nella sua dura vita on the road, il consigliere regionale viaggia, segna chilometri e incassa. Senza bisogno di produrre neppure lo scontrino di un caffè: tu chiamale, se vuoi, autocertificazioni. «Oh, ma io in macchina rischio la vita e i punti della patente, mica come certi miei colleghi sempre dietro la scrivania!». Superman Boniperti difende la sua vocazione di commesso viaggiatore della politica, con stipendio però da amministratore delegato: «Mi alzo alle sei e mezza e torno a casa a Carpignano Sesia alle undici di sera. Da quando mi sono sposato, il 25 novembre 2001, avrò cenato con mia moglie due o tre volte. Sempre in moto, eccome: ho 569 chiamate non risposte sul cellulare solo a settembre!». In effetti, nel 2011 Boniperti ha percorso l’equivalente di un giro del mondo in quei confini regionali che conosce benissimo, essendo l’ex assessore alla viabilità della Provincia novarese. Più che un uomo, un TomTom collegato a un registratore di cassa.
Grandi consumatori di pneumatici e suole, questi consiglieri. Alle spalle di Boniperti ecco Maurizio Lupi (Verdi Verdi) con oltre 31 mila euro di rimborsi stradali nel 2011, chissà quanto fa con un litro. Bel personaggio, costui: nel 2010 si mostrò in campagna elettorale con Lele Mora, la pentita del bunga bunga Ambra Battilana, l’ex velina Veridiana Mallman e l’imperdibile sosia di Marilyn, al secolo Suzie Kennedy. Eventi immortalati da fotografie che non hanno nulla da invidiare alle mascherate dei maiali. E gli bastarono 250 preferenze. «Si tratta di alcuni limitati casi abnormi», dice frattanto Aldo Reschigna, capogruppo Pd. Definizione forse non riuscitissima, anche se gli emuli di Keruac sono di più nel centrodestra. Come Daniele Cantore (Pdl), capace di incassare 18.120 euro di rimborsi in un anno, peraltro molti meno dell’assessore all’agricoltura Claudio Sacchetto, leghista, che evidentemente avrà controllato di persona la crescita di ogni acino d’uva piemontese se nel 2011 si è messo in tasca ben 35.846 euro. «Ma io non voglio finire nel tritacarne, vado su e giù da Cuneo tutti i santi giorni, alle otto sono in ufficio e ho pure rinunciato all’autista, così la regione risparmia 100 mila euro». In pratica, un benefattore.
E la sinistra? Non sarà mica diventata sedentaria? Sembra smentire l’ipotesi la media chilometrica di Angela Motta (Pd), astigiana, con i suoi 16.229 euro. «Ma sono tutti viaggi veri, basta controllare su Facebook! Guardate le mie foto insieme ai sindaci! Se io vado alla fiera del bove di Valfenera e mi rimborsano i chilometri, non è mica un reato. Ragazzi, qui siamo in provincia, mica abbiamo la tivù, ci tocca girare, altrimenti come facciamo a prendere 5 mila preferenze?».
Eccolo, il motivo che ricorre in tante spiegazioni dei signori consiglieri: la campagna elettorale. Ma la dovranno forse pagare i contribuenti? Si vede che non bastano gli 8.600 euro mensili lordi di stipendio, i gettoni di presenza forfettari e opzionali (viene in mente il Rischiatutto) di 122,07 euro cadauno (al massimo, 23 al mese), oltre ai 976 euro netti di gettoni a forfait, ai 3 mila chilometri forfettari e al completo rimborso del tragitto da casa all’ufficio, per coloro che abitino fuori Torino. Sì: i consiglieri regionali vengono pagati 0,48 euro al chilometro per ogni centimetro percorso, ogni giorno che Dio manda in terra, andata e ritorno. Pensateci, quando sarete in coda sul raccordo.

giovedì 27 settembre 2012

Il viceministro Polillo (35.000 euro al mese): “Occorre ridurre le ferie degli operai”


Non passa giorno, ormai, in cui dal governo dei presunti tecnici non arrivi un insulto, una bordata, una provocazione, una minaccia di abbattere altri diritti. Ieri il protagonista è stato Gianfranco Polillo, sottosegretario all’Economia.
Ospite del programma di Rai Due L’Ultima Parola, condotto da Gianluigi Paragone, il vice ministro – mentre si parlava delle ruberie della classe politica – si è ancora scagliato contro gli operai. “Uno dei grossi problemi di questo paese sono gli operai metalmeccanici. Ma lo sapete che hanno ben 2 mesi di ferie? Ma come si può creare sviluppo così? Le ferie degli operai andrebbero ridotte”.
Il pubblico del programma a quel punto esplode. Già, perché il signor Polillo è un signore che guadagna la bellezza di 20.000 euro in quanto pensionato e 15.000 in quanto vice ministro. In tutto fanno circa 35.000 euro al mese. Ma per Polillo i problemi veri non sono mica questi, bensì gli operai! Una vergogna assoluta. Glielo fa notare Luca Telese: “Ma come con quale coraggio se la prende con gli operai che guadagnano 1.400 euro al mese? Ma si rende conto che lei ne prende 20.000 di pensione? E’ assurdo questo modo di ragionare”.
Il pubblico mugugna e bolla l’esponente del governo Monti, non nuovo a queste bordate, come un “arrogante, fuori dalla realtà”. Il sottosegretario all’Economia si difende: “Ho lavorato per 50 anni e sono andato in pensione col vecchio sistema retributivo, per questo ho una pensione alta”. Polillo non è certo l’unico che ha lavorato per mezzo secolo, peccato che per molti italiani arrivare a 1.000 euro di pensione è già un miracolo.

Contro il coro unanime della casta, un solo grido: SALLUSTI IN GALERA


Non basta l'arroganza di Sallusti che durante l'intero iter processuale se ne è strafregato delle udienze, ritenendosi al di sopra della giustizia. Ora c'è anche il coro unanime della casta, grandi politici, direttori di giornali, finanche il Quirinale, tutti schierati a difesa della "fabbrica del fango" che Sallusti ha scientificamente inventato per distruggere i suoi avversari - che siano politici, magistrati, registi, scrittori.
In qualità di condannato recidivo, Sallusti non ha potuto, giustamente, godere della concessione della condizionale. 
É stato condannato in via definitiva non da un distratto giudice di pace periferico, ma dalla Corte di Cassazione. 
Anche se dirige il giornale dell'impunito onnipotente, il Sallusti è oggettivamente un cittadino come tutti noi lettori, più belli o più brutti di lui, di lui più simpatici o antipatici, ma tutti uguali davanti alla Legge, impegnati sul proprio onore a rispettare le vigenti leggi che questa Repubblica Italiana si è data.
La libertà di stampa e di espressione non può consistere nella volgarità, la calunnia, l'offesa, la diffamazione. 
Perfino il Quirinale si muove per Sallusti e per un povero disgraziato che ruba alimentari per bisogno non se ne parla neanche. Sallusti continuerà i suoi show nelle varie tivvù. 
Detto questo e ricordato che il giudice offeso aveva proposto il ritiro della querela se Sallusti avesse chiesto scusa e se il suo giornale avesse versato 20.000 € in beneficenza, lo stesso Sallusti ha sempre fatto orecchie di mercante, rivendicando arrogantemente il suo "diritto" a "...parlar di tutti mal, fuorchè di Cristo..." come dice il poeta e facendo disertare le udienze finanche dal suo avvocato, nella speranza di far decadere il procedimento per avvenuta prescrizione, come gli avrà insegnato il suo datore di lavoro, Silvio.
Io sono contrario al reato di opinione, ma questo non significa che si debbano cancellare le proprie responsabilità, soprattutto in un lavoro che possa portare alla distruzione della onorabilità delle persone......
E poi se le leggi non vanno bene, il Parlamento le cambi, e non si accusino i giudici che le applicano.
Perchè bisogna ricordare che legge è stata promulgata dal governo di cui faceva parte la sua compagna, On.Santa(de)chè. Ed allora, se così è, se la prenda con la sua futura sposa, non con i magistrati l'hanno interpretata e applicata giustamente. 
14 mesi son tanti, ma se per qualche mese Sallusti invece di frequentare i salotti della Milano bene, avrà il piacere e l'onore di conoscere i bassifondi della società, i rifiuti e gli scarti sociali del nostro tempo, sono certo che non gli potrà che fare molto bene, anche dal punto di vista umano.

martedì 25 settembre 2012

Dal PD al PDL: ecco la tabella riepilogativa del magna-magna alla Regione Lazio


Il direttore dell'Ufficio Postale del Senato arrestato per spaccio di cocaina


Il direttore delle Poste di Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, è stato arrestato per spaccio di cocaina. O.R., 53 anni, è indagato nell'ambito di un'operazione su un vasto giro di spaccio di stupefacenti gestito da una banda italo-albanese a Valmontone. L'indagine coinvolge molti altri sospetti e ha condotto martedì 25 settembre a 10 arresti: 6 in carcere e 4 ai domiciliari. 

Tra gli arrestati figurano anche un autista del Cotral (autobus di linea) e un vigile urbano, S.G., che si sarebbero prestati, anche con le loro auto di servizio, a smerciare droga per conto dell'organizzazione. Ancora in corso decine di perquisizioni nei confronti di altri soggetti legati alle attività illecite della banda.

lunedì 24 settembre 2012

Renzi tappezza Roma di manifesti abusivi. Chiede scusa, ma non paga...

Gli onesti cittadini si trovano spesso a dover fare i conti con l'arroganza e la tracotanza della classe politica nostrana. 
Un piccolo esempio, ma abbastanza paradigmatico: un cittadino entra al servizio di affissione del comune per acquistare gli spazi negli impianti appositi dove poter esporre i propri manifesti pubblicitari e al mattino seguente scopre che i suoi manifesti regolamenti autorizzati e pagati, sono stati strappati e coperti con i faccioni dei politici di turno o con le convocazioni a lettere cubitali dei loro noiosi comizi elettorali.
E' quello che successo ad alcuni onesti cittadini romani, che si son visti invadere e occupare i loro spazi dalla convocazione del comizio per le primarie del PD (o del centro-sinistra? Boh, ancora non si sa, ma quello poco importa, tanto è tutta una farsa: il premier verrà deciso nell'interpartitico dopo le elezioni, come ai tempi della prima repubblica) del giovane - o presunto tale - Matteo Renzi.
Insomma, per non tradire il motto "predica bene, razzola male" il sindaco Renzi multa, rimuove e pretende il rimborso per i manifesti abusivi a Firenze, ma poi a Roma è lui che non solo evade le dovute tasse, ma arreca direttamente un danno agli onesti cittadini che hanno invece pagato correttamente il tributo dovuto.
Ma ecco l'inconveniente: sono in tanti a fotografare e postare su internet le foto incriminate dei manifesti spuntati come funghi nella notte sui muri della città di Roma. 
La notizia inizia a rimbalzare anche sui mass-media: Renzi e il suo staff - attenti frequentatori del web - si rendono conto di essere stati beccati con le dita nella marmellata e ammettono l'errore. 
Ok, siamo nella società della comunicazione digitale, ma la legge non prevede come risarcimento del danno le scuse su twitter, quanto piuttosto il pagamento di sanzioni, penalità e interessi.
Come prevede, caro Renzi, l'art 15. del tuo regolamento comunale del comune di Firenze.
Che farebbe bene a rileggerlo, in vista dei suoi prossimi impegni elettorali.



COMUNE DI FIRENZE
Art. 15 - Sanzioni amministrative.  
1. Per la violazione delle norme stabilite dal presente Regolamento - in esecuzione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 - si applica la sanzione amministrativa non tributaria da euro 206,00 a euro 1.549,00. Il verbale con riportati gli estremi delle violazioni e l'ammontare della sanzione è notificato  agli interessati entro 150 giorni dall'accertamento delle violazioni.  
2. Indipendentemente dalla procedura di applicazione della sanzione di cui al comma precedente, l’ufficio competente della gestione del servizio, dispone la rimozione delle affissioni abusive.  
3. Oltre all'applicazione delle sanzioni di cui al primo comma del presente articolo, il Comune provvede  all'accertamento d'ufficio del canone dovuto per le affissioni abusive, disponendo il recupero dello  stesso e l'applicazione delle sanzioni, delle penalità e degli interessi, così come previsto dal  Regolamento per l’applicazione del Canone per l’installazione dei mezzi pubblicitari.


Bossi, Lusi, Batman e Polverini: siete voi che vi dovete vergognare


CONTINUA DALLA PRIMA
....Dal disagio sociale di condurre una vita dignitosa. E in un periodo in cui la crisi sta divorando tutti, a farne le spese maggiormente sono le fasce deboli, gli anziani soprattutto, che non hanno mezzi né risorse per risollevare in qualche modo la propria posizione. E sono i più vulnerabili, anche psicologicamente.  La donna abita nel quartiere di Salviano, nella zona est di Livorno. Ieri, intorno alle 11 va a fare la spesa in un discount vicino casa, ma non ha soldi. Che fare? A un tratto afferra alcune scatolette, generi alimentari. Poca roba. Giusto per poter passare la giornata e fare un paio di pasti. Afferra quel cibo e tenta di nasconderlo. O almeno questa è la scena che il personale del supermercato vede e poi denuncia alla polizia. I dipendenti del negozio la fermano, le fanno notare che si è appropriata di qualcosa irregolarmente e la invitano a seguirli nell'ufficio per una verifica.  Per l'anziana è uno choc. Difficile sopportare il peso di quella che, evidentemente, lei stessa considera un'umiliazione. E così, appena sta per varcare, accompagnata dai commessi, la soglia della stanza nel retro del discount, la donna ha un malore. Perde l'equilibrio e cade.  Per soccorrerla il 118, allertato dal personale del supermercato, deve inviare un'ambulanza sul posto. E l'anziana viene portata in ospedale. Per fortuna non è nulla di grave. Ma il malessere della donna non passa in fretta. Durante le cure, la settantaquattrenne viene raggiunta dagli agenti del posto fisso di polizia del pronto soccorso per essere identificata. Ma alle loro domande non riesce a rispondere: è sconvolta. E quando le chiedono cosa sia successo in quel supermercato, lei chiude gli occhi e sussurra: «Non ricordo». La sua borsetta è vuota: non ci sono soldi né refurtiva. Ma rubare è reato (lo è anche solo tentare), anche se l'ammontare della "refurtiva" è di pochi euro, anche se lo si fa a 74 anni, per sopravvivenza. E ora la donna rischia una denuncia per furto.

fonte: http://iltirreno.gelocal.it/regione/2011/11/15/news/ruba-scatolette-a-74-anni-poi-crolla-1.2798806

Valzer di poltrone: Monti bis, Draghi al Colle e il Cavaliere alla Camera. Ecco l'Italia nel 2013


Monti premier, Berlusconi alla Camera, Casini al Senato, Draghi al Colle, Bersani e Montezemolo vice di Monti. Ecco, secondo Dagospia, il prossimo assetto politico italiano. Con l'incognita Della Valle che potrebbe essere la vera rivelazione delle elezioni del 2013.
1- BANCA D'ITALIA. 
Da alcuni giorni ha scodellato sul tavolo del presidente del Consiglio e del ministro dell'Economia le sue previsioni riservate sul 2013. Nessuna ripresa rispetto al fondo che stiamo toccando quest'anno, ma un aggravamento della crisi nella prima parte dell'anno e, di fatto, affidamento alla Divina Provvidenza per la seconda parte. Ciononostante, Monti Mario (vedi voce) continua a vedere la luce.
2- BERLUSCONI SILVIO. E' assolutamente certo che non si ricandida. Non solo, la notizia è che lo ha comunicato riservatamente a chi di dovere, cioè al presidente della Repubblica e al presidente del Consiglio. Non solo: anche lo stato maggiore del Biscione è stato avvertito.
Anche per questo nessuno gli ha risposto quando ha proposto di abolire l'Imu, altrimenti il governo si sarebbe affrettato a dire che con i conti che abbiamo non si può toccare nulla. Sarà candidato alla Camera o al Senato, ma non più candidato premier.
Del resto, con la legge elettorale in discussione tale sacrificio non sarà più necessario perché sulla scheda non vi sarà più l'indicazione di chi andrà a Palazzo Chigi in caso di successo elettorale. In queste settimane Silvio B. sta lavorando per avere i voti minimi necessari per partecipare al tavolo della grande coalizione che dovrà forzatamente nascere dopo il voto nel nome di Monti.
E sta selezionando i nomi che potrebbe indicare per alcune posizioni importanti nel governo che verrà. Intanto, dopo tre sondaggi condotti da tre sondaggisti diversi, ha dovuto accantonare l'ipotesi di candidare Luca di Montezemolo come suo successore nel Pdl. In nessuno dei sondaggi il presidente della Ferrari arrivava primo, nemmeno in una ipotesi in cui nella coalizione di destra rientrava l'Udc.
Di fatto con il Pdl l'ex presidente di Confindustria sottraeva voti, non aggiungeva quelli che avrebbe preso se si presentasse da solo con Italia Futura. Risultato (d'accordo con Gianni Letta), meglio tenerlo come carta di riserva da giocarsi nel dopo voto come esponente della cosiddetta società civile, a patto che non si candidi nemmeno con Italia Futura e che Italia Futura non presenti liste a lui riconducibili.
3- BERSANI PIERLUIGI. 
Se vince le primarie e poi le elezioni farà il vicepresidente politico unico di Monti Mario e potrebbe sostituirlo nel 2014 quando l'uomo che vede la luce si trasferirà in Europa al posto di Van Rompuy. Se pareggia o vince di poco sarà uno dei vicepresidenti. Intanto lui e Renzi Matteo (vedi) potrebbero essere in fase avanzata di trattativa per il seguente accordo: Bersani vince le primarie, Renzi le perde bene ma eredita il Pd e può rottamare Veltroni Walter e D'Alema Massimo (vedi).
4- CASINI PIERFERDINANDO. 
Fa la "rivoluzione" generazionale nell'Udc con la grande trovata di candidare i figli dei suoi attuali deputati e senatori. Tutto in famiglia. Punta a fare il presidente del Senato visto che al Colle sarà difficile perché Angela Merkel, nostra signora di Germania, vi ha destinato Draghi Mario per liberare la Bce per un tedesco. Se si torna al proporzionale, ritiene di avere ampi spazi di manovra in Parlamento con la sua pattuglia, non essendo vincolato a nulla e conoscendo bene il brodo cucinato per decenni dalla Dc.
5- D'ALEMA MASSIMO. 
Sta per partire per gli Stati Uniti per partecipare ai lavori della Fondazione di Bill Clinton, dove spera di giocarsi le carte residue per la segreteria generale della Nato, al posto di Rasmussen che scade a giugno (ma che va avvicendato entro l'anno per il tradizionale semestre di passaggio di consegne). Pensava che con gli americani bastasse l'aiuto che da premier diede alla guerra nel Kosovo, ma gli è stato preferito Frattini Franco (vedi). In caso di Pd primo partito e non di misura chiederebbe gli Esteri, ultima chance prima della definitiva rottamazione.
6- GRILLO BEPPE. 
La legge elettorale proporzionale serve soprattutto a frenarne lo slancio. Deve mettere in campo candidati che si battono sul territorio e gli italiani sono abituati male: vogliono vedere di persona, non via Internet. La credibilità dei suoi candidati si gioca tutta lì. E sarà molto meno facile rispetto ad una indicazione plebiscitaria e protestataria di un uomo solo, seppure comico di professione.
7- FRATTINI FRANCO. 
Ha vinto la battaglia per la segreteria generale della Nato, anche se D'Alema (vedi) ancora non ci vuol credere. Come Antonio Tajani: passando del tempo a Bruxelles almeno non è stato direttamente coinvolto nel trash laziale, che pure ben conosce.
8- MONTEZEMOLO (di) LUCA. 
La margherita è rimasta senza petali e l'ultimo dice: non mi candido. Del resto, non può: non ha i fondi e la forza per presentarsi da solo (e con la frammentazione indotta dal proporzionale non sarebbe nemmeno conveniente) e deve mantenersi politicamente vergine per essere utilizzato dopo nella logica proporzionale, come esponente della cosiddetta società civile, magari con la sponsorizzazione di Letta e Berlusconi: vicepresidente del Consiglio in condominio con Bersani è l'obiettivo massimo, ma accetterebbe anche il Ministero degli Esteri, dove farebbe molto bene. Con buona pace dei ragazzi di Italia Futura e con il sollievo dei suoi amici di Dubai, con i quali potrebbe continuare ad intrecciare affari e turismo.
9- MONTI MARIO. 
L'uomo che vede la luce a prescindere, sta valutando cosa personalmente gli conviene di più per trasformare la sua parabola da tecnica a politica, visto che (per quanto strumento novecentesco) le elezioni esistono ancora. Una lista Monti, che pure alcuni uomini degli ex poteri forti italiani gli chiedono, è da escludere perché sa benissimo che le elezioni capiteranno nel momento più acuto della crisi economica, quella che lui stesso ha ammesso di aver aggravato perché non si poteva fare altrimenti.
Certo, gli italiani difficilmente lo ringrazierebbero con un plebiscito, soprattutto a sud. Oppure deve farsi legittimare dai partiti impauriti da risultati che non daranno un vincitore netto, e che perciò dovranno investirlo di legittimità derivata dal voto. In ogni caso sarà un altro film e se dirà che vede la luce non sarà più una luce tecnica ma politica. Sarà cioè come i suoi sponsor.
10 - POLVERINI RENATA. 
Almeno Formigoni ha sgovernato per vent'anni. Avrebbe potuto diventare un'eroina vera e non un'ex animaletto da Ballarò se avesse usata l'arma fine di mondo delle dimissioni e non avesse pietosamente mentito da Formigli: non posso dimettermi perché devo fare i conti con i partiti.
In realtà, essendo eletto direttamente dal popolo, le dimissioni del presidente di una regione significa lo scioglimento del Consiglio regionale e nuove elezioni. Purtroppo, la destra ex fascista al potere, da Alemanno e dintorni, è stata oggettivamente la delusione principale dell'ultimo ventennio.
11- RENZI MATTEO. 
Vedi Bersani Pierluigi. In aggiunta, si spera che i fasti della provincia di Firenze siano stati inferiori a quelli della Regione Lazio.
12- SCARPARO (LO). 
Diego Della Valle ha assunto toni cossighiani (il Picconatore ci perdoni) nel fustigare i suoi colleghi imprenditori e banchieri. Sa stare in televisione, e talvolta buca il video più di tanti professionisti della politica o dei tecnici che vedono la luce. Deve badare ai suoi affari nel mondo e ha bisogno di tempo per godersi i suoi aerei e le sue barche, ma alla fine il gioco del potere è quello che lo affascina di più. Se fosse lui la sorpresa delle elezioni 2013, avrebbe il plauso di Clemente Mastella e una leggera invidia di Montezemolo (di) Luca (vedi).
13- SQUINZI GIORGIO. 
Con tempismo da passista si trova spesso su posizioni diverse da Monti Mario sulla consistenza e la durata della crisi. All'inizio i suoi colleghi imprenditori quasi lo accusavano di lesa maestà. Alla quarta volta di seguito hanno capito, si spera, che ha ragione lui.

domenica 23 settembre 2012

dopo er Batmam, le ostriche e i fondi neri, il PDL Lazio volta pagina....o quasi...

Un bel volto nuovo, la giovane Chiara Colosimo, prende il posto di Battistoni che prese il posto di Batman Fiorito come capogruppo del PDL nel consiglio regionale del Lazio.
Una ventata di aria fresca? 
Certo, ma la giovane ex-cubista del Gilda club di Roma come è ha fatto nel giro di pochi anni a passare dai cubi delle discoteche alle poltrine del consiglio regionale?

La ragazza in verità non è proprio un anonima giovincella romana, ma è la figlia di Paolo Colosimo, l'avvocato del senatore Di Girolamo, entrambi finiti recentemente in carcere con l'accusa di associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata, minaccia per impedire l’esercizio del diritto di voto aggravata dal metodo mafioso e scambio elettorale aggravato da metodo mafioso.

Gli auguri di una brillante carriera politica per la figliola Chiara, sempre che anche lei non finisca come il padre e i suoi colleghi, in una cella del carcere di Regina Coeli!

La sceneggiata della Polverini: soldi veri, dimissioni false



«Aho'! Ma questa oggi ride...». (I fotografi hanno il vantaggio dei teleobiettivi, e poi sono dei cinici con il dono della sintesi). Renata Polverini si siede e, davvero, sembra di ottimo umore. Sfoggerà smorfie di pura allegria, di qui a poco, raggiante in uno dei suoi abitini meno sobri, niente a che vedere con la tragica rappresentazione di lunedì scorso, appena cinque giorni fa, quando nell'emiciclo del Consiglio Regionale aveva messo su un viso penitente, rammaricato, e parlò come una che stava per dimettersi travolta dalla vergogna (Francone Batman Fiorito, l'ex capogruppo del Pdl, s'era da poche ore deciso a vuotare il sacco).

Nel suo eloquio ruvido, frasi monche e forte accento romanesco, Renata Polverina disse: «Meriteremmo di andarcene tutti a casa. E mi dispiace non possiamo farlo subito: sarei venuta in ciabatte e sarei andata al mare». Aggiunse che quando usciva di casa non voleva vergognarsi. Che voleva spalare tutto il fango. Sentenziò: «I tumori presenti qui dentro, alla Regione, vanno estirpati come i due che, poche settimane fa, mi sono tolta alla gola».

Forte, drammatica, serissima. Solo che adesso ride, fa ciao con la mano a Francesco Storace (il quale, soddisfatto, risponde schioccando una specie di bacetto) si ravvia i capelli, guarda l'orologio: sì, ci siamo, prende la parola.
Colpo di scena. «Oggi abbiamo dimezzato le commissioni e abolito quelle speciali... Ottimo! E allora sapete cosa vi dico? Dico che se voi ve la sentite di andare avanti alza la voce cercando un tono solenne - io me la sento!» (poi fa subito roteare lo sguardo da destra a sinistra e incontra i volti dei consiglieri che prontamente annuiscono, tutti rinfrancati, dopo aver temuto, nelle ultime ore, di dover rinunciare ai loro 13 mila euro netti al mese di stipendio).

Prosegue senza un filo di imbarazzo. «Le mie dimissioni erano vere ma sospese...» (non è un errore di stampa, la Polverini dice proprio così: le sue dimissioni «erano vere, ma sospese»). «Ora però ringrazio di cuore la mia maggioranza per avermi sostenuto emotivamente, e comunque voglio ringraziare anche l'opposizione». Pausa. E poi: «Grazie a tutti, ovunque sediate in questa bellissima aula!». Siedono tutti al loro posto (manca solo Batman, che s'è autosospeso).

Ecco Carlo De Romanis, il vice-capogruppo del Pdl, 32 anni, tutto in ghingheri, giacca e cravatta: ma è quello che nelle foto avete visto vestito da Ulisse, protagonista del festone in maschera che organizzò al Foro Italico per festeggiare la sua elezione (costo 30 mila euro), tra ancelle e champagne.

Accanto a De Romanis, Veronica Cappellaro (cugina pariolina dell'ex segretario personale del potente Denis Verdini), che non soddisfatta di essere passata dal consiglio municipale a questo (con relativo stipendione), nel 2011 - come racconta Batman - pretese una serie di ritratti fotografici (costo: 1080 euro, nostri).

Ad un certo punto si alza Chiara Colosimo, 26 anni - piccolina, moretta, furbetta - la nuova capogruppo del Pdl (è succeduta a Francesco Battistoni, quello che lo scorso 24 luglio succedette a Batman e che quando si accorse di quanto fossero pasticciati, e sospetti, i conti, denunciò tutto; Battistoni sta lì, mogio, e con lui parleremo tra poco).

La Colosimo (come uscendo da una cronaca di Narnia): «Basta sprechi! Basta antipolitica!». (Applaude persino Giancarlo Miele, il consigliere che andava a comprare il Brunello di Montalcino in enoteca - costo: 784 euro - e che a Natale, invece, per le cravatte sceglie Martinella, a Napoli: pagandole 1200 euro, nostri pure quelli). Tutti ad applaudire, grande euforia.

La Polverini resta, restiamo tutti. Ma Francesco Battistoni (che tra un po' si insulterà alla tivù con Batman) se ne sta zitto, pensieroso. La Polverina ha chiesto e ottenuto le sue dimissioni da capogruppo. «Ho agito per senso di responsabilità. Alfano e Berlusconi m'hanno chiesto un passo indietro, e l'ho fatto». Anche se è lei ad aver denunciato gli sprechi. «Era mio dovere raccontare ciò che trovai nei conti del gruppo. Posso non essere felice, ma dormo tranquillo».

La Goldman Sachs vota per il PD

Per le prossime elezioni Goldman Sachs scommette sul Pd. Il colosso finanziario americano, a sette mesi dalle elezioni politiche italiane, ha pubblicato un report che farà rumore, nel quale si sostengono le chance di una maggioranza di centro sinistra incentrata sul Pd. E questa maggioranza molto probabilmente manterrebbe la linea Monti, anche se non è chiaro se riconfermerebbe Mario Monti a capo del governo. In ogni caso, secondo il report, difficilmente il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, porterà il Paese alle elezioni prima di aver risolto la questione della riforma elettorale. Goldman Sachs ritiene «probabile che vengano introdotte modifiche alla legge con l’idea di garantire una coalizione centrista a favore di una conferma di Monti». 

Ora non si può dire che a Goldman Sachs non conoscano la politica e gli effetti che una dichiarazione del genere può scatenare. Se c’è una banca d’affari che con la politica e i governi, in patria e all’estero, ha avuto relazioni strettissime è proprio GS. In America hanno tirato in ballo le revolving doors (le porte girevoli) per definire il fenomeno tipico in Goldman di un dirigente di primo piano che lascia Lloyd Blankfein il suo incarico per passare al governo, e magari, finito il mandato, torna tranquillamente alla casa madre. Per limitarci all’Italia, Mario Draghi è stato vicepresidente di Goldman Sachs per l’Europa dal 2002 al 2005, ma tra i consulenti della banca d’affari ci sono stati anche Gianni Letta, Romano Prodi e Mario Monti.


Ebbene, ora gli analisti di Goldman Sachs, peraltro molto attiva nella vendita di Btp nei momenti in cui lo spread era salito alle stelle e grande sostenitrice di un governo Monti post-Berlusconi nelle fasi calde del novembre scorso, scrivono che il tempo del governo tecnico del loro autorevole ex collega, «sta per finire» e «l’Italia potrebbe risentire dell’incertezza politica collegata alle future elezioni politiche in agenda ad aprile 2013». 

Il maggior rischio per il Paese, secondo la banca d’affari, verrebbe da una vittoria delle forze euroscettiche e tra queste colloca il Pdl di Silvio Berlusconi e il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo. Del resto, scrivono gli analisti, «le riforme impopolari del governo Monti, ad esempio l’Imu dal valore di 20 miliardi di euro all’anno, hanno favorito campagne politiche anti-europee e anti-euro di vari partiti». Non va nemmeno sottovalutato l’appeal politico di Grillo, perché «ha buone opportunità di guadagnare un gran numero di seggi in Parlamento, riflettendo la disaffezione degli italiani all’esistente establishment politico.» 

GS rimane cauta, ma comunque «costruttiva», sulle dinamiche di mercato dei titoli di Stato italiani che potrebbero soffrire se la credibilità del nuovo programma di acquisto della Bce fosse messa in discussione, soprattutto in considerazione del debole scenario macroeconomico. Ma pesa anche l’incertezza sugli esiti delle prossime elezioni, tanto che gli analisti arrivano a delineare tre possibili scenari che potrebbero portare l’Italia a ricorrere al programma di aiuti Efsf/Esm, così ribattezzati: il vincolato, il tattico e il mani-legate». Nel primo scenario («il meno probabile») l’Italia potrebbe essere obbligata a ricorrere ai fondi per il riemergere «delle tensioni sull’obbligazionario» che potrebbero rendere «illiquido il mercato dei Btp»; un’ipotesi possibile con «una vittoria dei partiti anti-europei». Nel secondo scenario, il governo italiano potrebbe «tatticamente» vincolarsi al Fondo salva Stati prima delle elezioni, «senza in realtà averne bisogno», annullando il rischio contagio dalla Spagna. 

Il terzo e ultimo scenario prevede che la richiesta di sostegno possa essere avanzata da Monti stesso, prima delle elezioni, per «legare le mani al suo successore». 

Minetti sfila in bikini a Milano: "così aiuto l'economia"


In passerella per ridare impulso all'economia del Paese. La consigliera Minetti così spiega la sua scelta di sfilare per Parah e ai giornalisti dice: "La prima passione rimane sempre la politica. Questo è soltanto un ritorno alle origini e comunque lo faccio per aiutare l'economa. Parah è un marchio made in Italy e la moda è una potenza economica per il nostro paese non indifferente".
E a chi la incalza facendole notare che i provvedimenti per la crescita e lo sviluppo si prendono in sede regionale e non durante una sfilata di moda risponde: "Cosa c'è di male mettersi in costume da bagno? Chi fa politica non si può mettere in costume da bagno? Non ci trovo niente di sbagliato nel lavoro della modella, anzi".
Anche se -a onor del vero- tra i braccialetti di Cruciani e la nota casa di costumi da bagno, la Minetti sembra avere più tempo per la Milano della moda che per il Pirellone.
Piazzalunga, presidente Parah, interpellato sul fatto che sia più o meno sconveniente scegliere la Minetti come testimonial commenta: "Noi non dobbiamo giustificare nulla, le testimonial vanno e vengono; le aziende rimangono. La scelta della Minetti è nata per attirare attenzione su marchio".

mercoledì 19 settembre 2012

La farsa delle primarie: chiamano il popolo a decidere un bel niente!


L'ultimo paradosso della politica domestica riguarda le primarie: quelle già annunciate (del Pd) e quelle altre (del Pdl) che potrebbero tenersi, casomai Berlusconi decidesse di non tornare in pista. In entrambi i casi, il rischio incombente è quello di una grande finzione, di una ipocrita messinscena. Perché le primarie verranno indette per chiedere al popolo di sinistra (e di destra) che si pronuncino sul candidato premier; laddove è quasi certo che la scelta di chi guiderà il governo alla fine non rispetterà le indicazioni della gente, ma ricadrà sui partiti e sui rispettivi leader.

Questo accadrà non per malafede di Alfano, di Bersani o di Casini, ma per effetto della legge elettorale che si va discutendo in Senato nella noia e nella distrazione generali. Tra tutte le ipotesi di riforma sul tappeto, nemmeno una al momento garantisce che la sera delle elezioni il mondo sappia da chi verrà governata l'Italia. L'obiettivo del centrodestra è, in questo momento, esattamente quello di impedire che ciò accada. Per dimezzare la probabile vittoria delle sinistre, il Pdl punta su un sistema proporzionale nemmeno troppo mascherato, con tanto di preferenze come nella Prima Repubblica. Se passa, ritorniamo alle vecchie pratiche dei governi di coalizione. Ma non è che le attuali proposte del Pd lascino prevedere un esito molto diverso: il premio del 15 per cento, così come lo gradisce Bersani, garantirebbe una maggioranza in Parlamento solo nel caso in cui la coalizione vincente superasse il 35 per cento dei suffragi popolari. Questione di semplice aritmetica. La circostanza è possibile, però alla luce dei sondaggi non sembra così scontata.

Pd e Sel in questo momento viaggiano 3-4 punti sotto la soglia necessaria, per garantirsi il premio dovrebbero bussare da Di Pietro, oppure da Casini... Più facile che vi provvedano, eventualmente, dopo il voto. Ma allora, fa notare Arturo Parisi, ex ministro del governo Prodi e referendario intransigente, che senso ha accapigliarsi sulle regole delle primarie, su chi deve prendervi parte, su chi può votare, se nel contempo si negozia su una legge elettorale destinata a renderle vane? È una domanda che in molti, ai vertici del Pd, si stanno ponendo.

martedì 18 settembre 2012

Dalla Sicilia ecco il nuovo "trota": alle elezioni scende in campo Lombardo jr


Liberi di crederci» ma anche la Sicilia avrà il suo «trota». Dopo l’apparente uscita di scena del governatore Raffaele Lombardo ora è il turno del figlio. Toti, studente universitario di 23 anni, scende in campo in vista delle prossime elezioni regionali con la lista dell'Mpa che sostiene il candidato presidente Gianfranco Micciché. Lo slogan che ha scelto è appunto «liberi di crederci».
E così la saga dei Lombardo in politica continua. Alla scorsa tornata elettorale il governatore siciliano fece candidare il fratello Angelo contemporaneamente alle elezioni per la Camera dei Deputati e a quelle per la Regione Siciliana. E, manco a dirlo, con quel cognome pesante Lombardo, Angelo, venne eletto a Roma e Palermo, optando poi per il parlamento nazionale che a differenza di quello regionale concede come benefit anche l’immuinità. Non si sa mai! E in effetti quando nella primavera del 2010 i due fratelli Lombardo rischiarono l’arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa Angelo era paradossalmente più al sicuro del fratello maggiore e dante causa Raffaele.
Il rischio manette sembra ormai definitivamente passato, ma non quello del processo per mafia che i due fratelli Lombardo dovranno affrontare dopo che il Gip di Catania ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dalla procura imponendo l’imputazione coatta. Ma anche se azzoppato Raffaele Lombardo è ancora nel pieno delle forze (politiche) ed anzi molti lo considerano il vero burattinaio delle imminenti elezioni regionali del 28 ottobre prossimo giocando, come nel suo stile, su più tavoli. Anche se ufficialmente appoggia Miccichè i suoi baffetti fanno capolino anche dietro la candidatura di Rosario Crocetta, l'ex sindaco di Gela ed esponente del Pd, partito con il quale negli ultimi anni Lombardo ha governatore la Regione Siciliana dopo aver abbandonato la maggioranza di centro-destra che lo aveva eletto alla Regione. Pare che qualche suo uomo sia infiltrato anche nelle liste che sostengono il candidato del Pdl Nello Musumeci. E in ogni caso le truppe dell'ex governatore sono ancora in grado di determinare l'esito delle prossime elezioni.
Ma Lombardo non si accontenta di manovrare dietro le quinte e dunque mette in pista il figlio, studente di giurisprudenza a Roma. Eppure appena qualche mese fa aveva negato categoricamente questa possibilità «È una sciocchezza» rispose a chi gli chiedeva esplicitamente dell'imminente candidatura del figlio. «Non è nei progetti miei, ma soprattutto - spiegò - non è nei progetti di mio figlio, lo dicono solo per fare spaventare i candidati delle nostre liste». Ma evidentemente ha cambiato idea mentre tra i candidati nelle liste dell'ex governatore serpeggia lo spauracchio di restare al palo dovendo contare su un seggio in meno per fare posto al «trota» siciliano.
Non potendo scendere in campo né lui né il fratello ecco dunque venir fuori il figlio Toti, che ha già maturato la sua esperienza elettorale in ambito universitario. Tra i colleghi e coetanei è molto apprezzato per intelligenza, capacità di fare squadra e sicuramente non ha una personalità paragonabile a quella del «trota» Renzo Bossi. Piuttosto sembra un degno erede del padre, capace di prenderne il testimone e gestire il vasto patrimonio di consensi elettorali: con l’occhio sveglio e persino una smaccata somiglianza. Insomma non si tratta di storie di «trota» quanto piuttosto di trame da Vicerè di Sicilia che non mollano mai il potere, anche quando dicono di farlo.

giovedì 13 settembre 2012

I sindacati non si muovono? Ci muoviamo noi! il 27 ott. in piazza contro il governo Monti.


Il 27 ottobre manifestazione nazionale contro il governo Monti, le sue politiche e i trattati europei che le determinano. Si va concretizzando la prima iniziativa di massa “utile” per smascherare il governo e chi lo sostiene e ridare visibilità all'opposizione politica e sociale nel paese.
Si è tenuto ieri a Roma il secondo incontro nazionale di un ampio schieramento di persone, organizzazioni sociali e sindacali, forze politiche e movimenti sociali, che intendono di dare voce e visibilità ai tanti che rifiutano Monti e la sua politica. 
Dopo quasi un anno di "distanza" erano presenti tutti i sindacati di base e le forze della sinistra alternativa, oltre ovviamente al Comitato No Debito, l’unica coalizione che ha resistito come esperienza unitaria durante tutto l’ultimo anno. 
Dopo una discussione con molti interventi, ampiamente convergenti, la decisione è stata quella di dar vita il prossimo 27 ottobre a Roma a una manifestazione nazionale dal titolo: NO MONTI DAY.
Questa mattina è stata inoltrata in Questura la richiesta della piazza per sabato 27 ottobre con partenza da Piazza della Repubblica.
I punti proposti per questa mobilitazione sono: 
- il no chiaro e netto a Monti e alla sua politica economica e sociale, quella di oggi ma anche quella di domani; 
- il No all'Europa del Fiscal Compact e delle misure che hanno distrutto la Grecia e stanno producendo gli stessi effetti devastanti anche in Italia; 
- l’opposizione all'attacco autoritario alla democrazia e alla repressione contro i movimenti ed il dissenso.
Dalla discussione è emerso che i promotori hanno in mente una manifestazione rigorosa e radicale nei contenuti, pacifica nella sua forma, per far sentire ovunque la voce dell'altra Italia ed esprimere il massimo sostegno a tutte le lotte in atto per i diritti e per il lavoro, dalla Val di Susa al Sulcis. 
Tra le proposte vi è quella che la manifestazione si concluda con una grande assemblea popolare (un pò come avvenuto il 31 marzo a Piazza Affari a Milano) dove si possa liberamente discutere di come dare continuità all'opposizione a Monti.
L’invito avanzato a tutte le forze sociali, politiche e sindacali che praticano il conflitto e si oppongono al governo, è quello di costruire insieme questo percorso specificandone e ampliandone i contenuti, fermi restando i punti di partenza e le modalità fin qui definiti.
Il prossimo mercoledì 19 settembre a Roma, alle ore 16,00, al Rialto (v. S. Ambrogio, 4), ci sarà un nuovo incontro per definire conclusivamente la piattaforma e l'organizzazione della mobilitazione del 27 ottobre.

mercoledì 12 settembre 2012

Addio contanti, solo bancomat: Monti realizza il sogno dei banchieri


Il governo dei banchieri: così, i più accorti, lo hanno definito da subito. E hanno fatto più che bene, perché di questo si tratta. Molti dei ministri del governo Monti hanno lavorato per le banche come manager. Lo stesso presidente del consiglio è uno con un’esperienza quarantennale nel mondo della finanza. Cosa ci si poteva aspettare dunque dalle sue politiche? Logico: che favorisse le banche. Che da una parte piangono miseria e nella realtà incassano soldi a tonnellate.
Ma il contante – dicono i “tecnici” – è meglio farlo sparire. Il pretesto è quello dell’evasione fiscale, problema che – chissà perché – in Italia è gigantesco, in Svezia e Germania è praticamente assente. Nel decreto legge all’esame dell’esecutivo, c’è l’obbligo per i negozianti di accettare pagamenti elettronici dai 50 euro in su. Per le banche sarà boom di commissioni. Per ogni operazione, infatti, gli istituti di credito incasseranno almeno un euro, ma in altri casi anche molto di più. Un business miliardario, che farà impoverire ancora più consumatori e commercianti.
Banconote e monete in metallo, dunque, serviranno solo per comprarsi un caffè e un paio di mutandine. Tutto il resto carta elettronica, virtuale. Sapranno tutto di noi: ogni singolo spostamento, ogni nostra abitudine. E le banche, mai sazie, faranno soldi a palate. Soldi invisibili: il sogno si sta avverando. Questione di pochi mesi. Già dal 2013 potreste dire addio alle banconote da 50 euro: non servirebbero più.

martedì 11 settembre 2012

Camera blocca i fondi pubblici alla Lega: "bilanci falsi". E' la prima volta nella storia


La lettera, su carta intestata della Presidenza della Camera e firmata da Gianfranco Fini, è arrivata ai primi d’agosto al nuovo segretario amministrativo della Lega Nord, Stefano Stefani. E non ha precedenti, perchè contesta ai vertici del Carroccio di avere falsificato i bilanci del 2010 e dunque di non avere diritto ai rimborsi elettorali di quell’anno. Una ventina di righe, non di più che non hanno certo fatto piacere ai vertici del Carroccio e che sono state trasmesse dal legale di via Bellerio per conoscenza (e competenza) alla Procura della Repubblica.

I revisori della Camera infatti, presa visione del bilancio della Lega del 2010, quello già all’esame dei magistrati milanesi e firmato da tre commercialisti di provata fede padana (Diego Sanavio, ex assessore della giunta milanese di Formentini; Stefani Aldovisi, già assessore al bilancio a Monza e nel collegio sindacale del San Gerardo di Monza; Antonio Turci, ex membro della Sogemi che gestisce gli impianti annonari di Milano) hanno decretato che «non può essere considerato regolarmente redatto» secondo gli schemi indicati dalla legge numero 2 del 1997. E dato che il presupposto al finanziamento pubblico ai partiti è esattamente questo, la veridicità dei bilanci, lo stesso viene perciò «sospeso». Dunque, niente più soldi alla Lega Nord grazie alla gestione allegra dell’ex segretario amministrativo Francesco Belsito, indagato insieme all’ex segretario federale e attuale presidente Umberto Bossi e altri per truffa ai danni dello Stato. Un duro colpo per il nuovo Carroccio guidato da Roberto Maroni per un’iniziativa senza precedenti, posto che non si ha notizia di altri bilanci di partito falsificati e di conseguenti sospensioni del finanziamento, ipocritamente definito «rimborso elettorale». Per la Lega dunque si preannunciano tempi duri, venendo a mancare una buona parte dei soldi che dovevano essere versati nel 2011, ovvero 17 milioni e 547 mila euro. Anche se, la nuova gestione amministrativa, chiudendo il bilancio del 2011, considerato corretto dai nuovi revisori dei conti leghisti (Andrea Bignami, Adelini Brunelli e Alberto Penna), certifica un avanzo di oltre 12 milioni di euro oltre a investimenti per più di 20 milioni in titoli di stato e obbligazioni italiane. Sono insomma ormai lontani i tempi degli spericolati investimenti in Tanzania, delle «mancette» mensili a colpi di 5000 euro per i figli del Senatur, delle canottiere pagate a Bossi e dei soldi svaniti nella inesistente contabilità del Sinpa di Rosi Mauro. Così come quel milione e 700 mila euro erogati dalla Lega tramite assegni per i quali non è stata rintracciata documentazione a sostegno. Tutte «voci» ovviamente rilevate anche dai revisori della Camera che quindi non hanno potuto far altro che date corso alle legge, sospendendo i finanziamenti al Carroccio.

La lettera del presidente della Camera però ha anche un effetto giuridico sull’impianto accusatorio della Procura verso il quale non pochi legali nutrivano dubbi: confermando direttamente la falsificazione dei bilanci, «blinda» in un certo senso il reato contestato di truffa ai danni dello Stato attraverso i rimborsi elettorali e apre le porte a future verifiche sui bilanci di altri partiti. Ma per quanto riguarda le indagini, la circostanza a questo punto potrebbe spingere gli inquirenti, una volta analizzata fino in fondo la relazione dei consulenti tecnici incrociandola con i rilievi degli analisti della Pricewaterhouse incaricati dalla stessa Lega del dopo-Bossi, a separare l’inchiesta in due tronconi: il primo, appunto sui bilanci e le spese «pazze» della gestione Belsito, destinato a un rinvio a giudizio in breve tempo: 8 almeno gli indagati, tra cui i figli di Bossi, Renzo, detto il «trota» e Riccardo, «il pilota» e l'ex segretaria del SinPa Rosi Mauro; il secondo, sui traffici più oscuri dell’ex tesoriere e i suoi rapporti con personaggi come il veneto Stefano Bonet o il genovese Romolo considerati Girardelli legati alla ’ndrangheta nonché sospettati di riciclaggio, avviato invece verso indagini più lunghe e approfondite.

Le banche non pagano le tasse. E tu?

Le fondazioni bancarie sono in totale 89 e dispongono di un patrimonio complessivo di oltre 50 miliardi di euro, oltre la metà in mano alle prime 5 (Cariplo, MPS, Compagnia di S. Paolo, Ente CR di Roma e Fondazione Cariverona).Le fondazioni in questione beneficiano tutte dello status di no-profit, pertanto sono esentate dal pagare le tasse, l'imu come ogni altra tassa, persino degli utili usurai che ricevono dal prestare a strozzo il denaro ai cittadini. La beneficenza, se non c’è prima la giustizia sociale, è solo restituzione del maltolto.

Ecco il "Lusi" del centrodestra: il tesoriere PDL tra bonifici, bmw e resort con soldi pubblici

Francesco Battistoni, neo capogruppo del Pdl al consiglio regionale del Lazio, sbatte in faccia al consigliere regionale Franco Fiorito una Bmw X5 e una Smart , 90 mila euro di macchine, accusandolo di aver acquistato tali vetture con i soldi del partito (cioè nostri) e poi averle usate per se. 

Franco Fiorito dal canto suo si esercita nel lancio della BMW, scagliando una 520 in faccia all’euro deputato Alfredo Pallone, accusandolo di aver lasciato “buffi” per l’utilizzo personale di quell’auto, debiti pari a 10milla euro fra multe, contenziosi, e interventi meccanici non pagati. 
Lo stesso Fiorito da ultimo capogruppo, prima di essere defenestrato da Battistoni, ha dovuto pagare quelle somme con i soldi del partito (cioè nostri). 
Non contento sempre Franco Fiorito, soprannominato non a caso "Bancomat", si produce nel titanico lancio di un intero autonoleggio, con annesse regalie per collaboratrici, contro Francesco Battistoni. 
L’accusa di Fiorito al nuovo capogruppo è quella di aver noleggiato più volte delle vetture per viaggi istituzionali ed essersi fatto accompagnare da alcune collaboratrici. 
Le spese, per diversi migliaia di euro relative al pagamento del noleggio e del soggiorno delle collaboratrici sono state sborsate dal partito (cioè da noi) . 
Per finire in bellezza la sequenza di questi lanci Fiorito accusa Battistoni di aver tradito la moglie con le suddette collaboratrici. Le corna sono a carico della moglie di Battistoni ( e, almeno queste, non carico a nostro). 
BRUTTA GENTE.

P.s.= Dal  2010 a oggi, il gruppo consiliare Pdl alla Regione Lazio ha speso esattamente 5 milioni e 976mila euro. Franco Fiorito risultano intestati 753mila euro, con bonifici divisi in due tranche che dal Pdl transitano all’estero. Dalle segnalazioni di Bankitalia emergerebbe che sono stati incassati all’estero. Lo stesso Fiorito sarebbe correntista in ben cinque banche spagnole. A seguire, sotto la voce “bonifici senza specifica”, viene riportata la cifra di 1 milione e 426 mila euro. E ancora, “assegni senza beneficiari”: 846mila euro. 
Nei documenti bancari ci sono infatti due operazioni con destinataria un'azienda titolare di resort sulla Costa Brava in Spagna: uno di 10 mila euro, e un altro di 19 mila. Tutti con causale “soggiorno dell’onorevole Fiorito”. Che ora dovrà spiegare, quanto meno ai suoi, se si tratta o meno di spese di rappresentanza, che coincidono con il periodo di pausa estiva. 
Come dovrà giustificare anche i 235 mila euro di prelievi in contanti. 
Insomma, veramente BRUTTA GENTE. A CARICO NOSTRO.

domenica 9 settembre 2012

E De Magistris sentenziò: "Dietro Grillo ci sono i poteri forti" (!?!)

Giudizi negativi sulla democrazia interna del Movimento 5 stelle arrivano anche da parte del sindaco di Napoli Luigi De Magistris, ospite alla festa del Fatto Quotidiano al Parco della Versiliana.  Dal promotore della rivoluzione arancione, in passato vicino al comico genovese, arrivano dure critiche: “Io ho subito le invettive di Grillo e non apprezzo la logica dell’esisto solo io e tutti gli altri fanno schifo, che serve soltanto ad accrescere un proprio potere personale e non aiuta a favorire l”unità del Paese”. E poi ancora: “Dietro il comico diventato ad un tratto politico c’è un coagulo opulento di poteri forti, quello che di dice Favia è verosimile e non penso che la lotta per i diritti e contro le disuguaglianze possa venire da Grillo”. De Magistris nel frattempo lavora ad un nuovo movimento politico sulla scia della rivoluzione arancione che ha pervaso la città di Napoli: “Non voglio candidarmi, ma mettere al servizio del paese questa energia partecipativa sperimentata durante la campagna elettorale a Napoli,  un movimento non contro i partiti ma distante che possa spingerli al cambiamento”  

L'intervista integrale al sindaco di Napoli De Magistris: 

Movimento 5 Stelle: vale ancora il motto "Uno vale Uno"?


"Uno vale uno". Milioni di italiani si sono rivolti al movimento Cinque Stelle per questo slogan, perché da anni trovano chiuse le porte dei vecchi partiti, occupati da irremovibili burocrazie. Beppe Grillo prometteva e ancora promette democrazia dal basso, candidati presi dalla strada, valutati sulla base delle competenze e sottoposti al consenso della base, nella fedeltà assoluta al principio sacro: "uno vale uno".


Si tratta in gran parte di discorsi già sentiti da tutti i partiti padronali che hanno affollato la scena degli ultimi vent'anni all'insegna della politica delle "facce nuove", dalla Lega in poi. Ma tale deve essere la disperazione dei cittadini di fronte all'incapacità del sistema politico di cambiare, che anche stavolta hanno voluto crederci in massa. Man mano che il movimento di Grillo è cresciuto nei sondaggi e nei consensi reali, i comportamenti reali del capo e del suo alter ego, Gianroberto Casaleggio, cominciavano a contraddire i principi. "Uno vale uno", ma il marchio del partito è registrato commercialmente a nome di Grillo Giuseppe, "titolare di ogni diritto". "Uno vale uno", ma se un esponente di spicco e della prima ora, come Tavolazzi, pretende di discutere l'assetto proprietario dei Cinque Stelle, può venire espulso da un'ora all'altra dal padrone, che lo comunica alla sottostante base in un post scriptum di due righe e "non" segue dibattito. "Uno vale uno" e contano soltanto i voti dei cittadini, ma se il candidato Cinque Stelle più votato, Giovanni Favia, si lascia sfuggire giudizi pesanti sull'intoccabile Casaleggio e denuncia l'assenza totale di democrazia interna, diventa ipso facto un traditore, un venduto, un porco in combutta coi vecchi partiti, soprattutto col Pd, come scrive oggi il sito di Grillo. 

Specificando per la prima volta che il principio "uno vale uno" è stato "completamente travisato" e "non significa l'anarchia". Involontaria citazione da Orwell. "Tutti gli animali sono uguali. Ma alcuni sono più uguali degli altri".
Davanti a queste contraddizioni, i simpatizzanti di Grillo si dividono in due categorie. I fideisti assoluti e coloro che coltivano un ragionevole dubbio. Per i primi è inutile scrivere. Qualsiasi contraddizione del loro capo è da attribuire a un complotto contro di lui da parte della partitocrazia e dei suoi servi giornalisti. Grillo può dire e contraddire, lanciare o meno pogrom contro gli immigrati, assolvere la mafia dai peccati, inventarsi che la bomba di Brindisi era un attentato contro di lui, pagare o non pagare le tasse e giustificare gli evasori, aderire ai condoni di Berlusconi, inquinare con la sua barca mezzo golfo ligure, triplicare il reddito da quando fa politica, espellere un dissidente al giorno. Può denunciare il giornalismo al servizio dei partiti e poi pagare spazi televisivi e usare tirapiedi giornalistici a frotte. Oggi ce ne sono due sul sito, l'autore della scomunica a Favia, che scrive sotto evidente dettatura dei suoi capi politici Grillo e Casaleggio, dunque un portaborse, e un altro che denuncia i finanziamenti pubblici ai giornali (tema sul quale sono d'accordo), ma dimentica il più finanziato di tutti (l'Unità), dove guarda caso lui scrive. I fideisti sono d'accordo, a prescindere. Come i leghisti e i berluscones di ferro. Chi contesta è un venduto. 

L'altro giorno ne ha fatto le spese lo stesso Grillo, che per gioco aveva pubblicato su Facebook una finta prima pagina del Corriere con le accuse più assurde di finti compagni di classe sotto un titolo gigantesco: "Citofonava e scappava!". Ebbene, la maggior parte delle reazioni dei grillini era di questo tenore: "Giornalisti porci, che cosa non farebbero per le sovvenzioni!". "Vergogna, venduti!", "Lo facevo anch'io da ragazzo, sarebbe una ragione per screditare Grillo?", "Beppe, resisti!" e così via. È curioso come un movimento fondato da un comico raccolga tanti sostenitori del tutto privi di senso dell'umorismo.

Esiste poi, per fortuna, una maggioranza di potenziali elettori dei Cinque Stelle composto da cittadini dotati della facoltà del dubbio, che meritano una risposta seria e non un post affidato a un sicario. Anzi, molte risposte. Per esempio. Chi e con quali criteri deciderà le candidature al Parlamento del movimento? Qual è il reale ruolo della Casaleggio associati e a quale titolo? Non sarebbe il caso di restituire la proprietà del marchio ai militanti, invece di lasciarlo depositato alla Camera di commercio come fosse il brand delle odiate multinazionali? Non eravate contro il copyright, come i Piraten tedeschi? Perché sul logo deve per forza figurare il nome di un padrone, per giunta neppure candidato? Perché Grillo e Casaleggio non rispondono mai nel merito delle accuse sulla mancanza di democrazia interna, non si dice alla stampa sporca e cattiva, ma neppure ai propri militanti (Tavolazzi, Favia) o ad autorevoli esponenti del parlamento europeo? Per evitare equivoci, si tratta di domande molto meno gravi di quelle che abbiamo rivolto per anni ad altri leader, da Berlusconi a Bossi, da Bersani a Di Pietro o a Vendola, per la verità quasi sempre senza successo. Ma Grillo, che proclama di essere così diverso da loro, senz'altro ci risponderà. O no? Intanto dovrebbe almeno rispondere alla domanda lanciata sulla rete da Giovanni Favia. La stessa che prima o poi tutti i leader di partiti padronali si sentono rivolgere dai dissidenti: "Che fai, mi cacci?".

Curzio Maltese
9 settembre 2012